Molti Comuni si stanno rivolgendo a Noi perché si sono visti recentemente recapitare dai Gestori telefonici richieste (alle volte veri e propri inammissibili "aut aut") tese ad ottenere dall'Amministrazione l’applicazione del canone unico di 800 euro alle concessioni e/o locazioni di immobili comunali che accolgono le loro antenne e/o altri impianti per la telefonia mobile (pali, tralicci torri).
La richiesta di riduzione dei canoni, lamentano i Comuni, viene presentata dagli Operatori come una (presunta) nuova imposizione di legge, la quale - se così fosse - sarebbe estremamente lesiva delle prerogative e degli interessi comunali. Sappiamo per esperienza che i canoni versati dai Gestori per ottenere o mantenere l'installazione di antenne possono essere molto remunerativi e convenienti, e rappresentano una voce considerevole del bilancio comunale, sicché rinunciare a una gran parte di tali entrate può mettere in ginocchio molti Comuni, soprattutto i piccoli Enti in via di spopolamento, che poi sono spesso anche quelli con una migliore posizione orografica e quindi più appetibili per gli operatori.
Sul punto sono recentemente intervenute diverse sentenze interessanti che aiutano a chiarire la materia e a prevenire facili e (purtroppo) irrecuperabili errori.
È obbligatorio ridurre il canone di locazione per le antenne su richiesta dei Gestori?
Partiamo subito dal dire che non c’è l’obbligo di rideterminare al ribasso TUTTI i canoni inerenti la localizzazione di antenne e altri impianti per la telefonia mobile su terreni e/o fabbricati di proprietà del Comune.
Il canone “antenne” d’importo pari a 800 euro per ciascuna stazione insistente su terreno e fabbricato di proprietà del Comune, previsto dal comma 831-bis della legge 160/2019, come introdotto dalla legge 108/2021, cui rinvia l’art. 54 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, si applica solo quando il cespite sia ricompreso nel patrimonio INDISPONIBILE dell’Ente locale (ex multis, Corte d’Appello di Venezia, sentenza n. 2488/2023, Corte d’Appello di Brescia sentenza n. 1620/2023, oltre alla ulteriore giurisprudenza più risalente richiamata dalla nota interpretativa pubblicata da Anci il 02.11.2021).
Ne deriva che i Gestori non possono chiedere la riduzione dei canoni di locazione previsti ed applicati per installazioni insistenti su patrimonio DISPONIBILE del Comune, né il Comune è tenuto ad accordare tale diminuzione.
Ma come si arriva a tale conclusione?
IL COMMA 831-BIS DELLA LEGGE 160/2019: INTERPRETAZIONE LETTERALE
Venendo alla lettura della norma in esame, il comma 831-bis citato recita come segue:
“831-bis. Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del decreto legislativo n. 259 del 2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell'anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.”
Il comma di legge, in effetti, fa generico e onnicomprensivo riferimento a ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Un’interpretazione letterale della stessa non lascerebbe apparentemente adito a dubbi circa l’applicabilità del canone tanto alle installazioni su beni disponibili che indisponibili.
Ciò detto, e nonostante la legge sul punto sia stata emblematicamente indeterminata, generica, vaga e pertanto fuorviante perché il comma 831-bis della legge 160/2019, nell’introdurre in canone “antenne”, non prevede esplicitamente la distinzione tra patrimonio disponibile e indisponibile e relativo differente trattamento, sul punto è intervenuta – per fortuna dei Comuni – la giurisprudenza, la quale ha limitato i potenziali danni derivanti da una legge che, se applicata letteralmente, avrebbe causato un terremoto per le casse degli enti locali, già ampiamente depauperate.
I giudici hanno chiarito che il canone unico deve ritenersi applicabile solo al patrimonio indisponibile perché solo in questi casi l’Ente è tenuto a garantire ai terzi equità, accessibilità e parità di trattamento, a garanzia dell’offerta di servizi privati di pubblica utilità per la collettività. Attesa la particolare natura dei beni indisponibili, perché asserviti agli scopi istituzionali dell’Ente Locale, quest’ultimo è tenuto ad utilizzarli e sfruttarli privilegiando l’interesse generale alla copertura di segnale per la telefonia mobile, rispetto a quello "meno nobile" di incamerare lauti canoni di locazione (conclusione invero opinabile, perché sarebbero somme che il Comune incasserebbe e che potrebbero essere destinate a rafforzare l'offerta di servizi pubblici).
È stata pertanto ritenuta accettabile l’imposizione di un canone unico patrimoniale lì dove il bene sia pertanto indisponibile.
INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: IL CANONE UNICO PATRIMONIALE, DALLA FATTISPECIE GENERALE A QUELLA SPECIALE
Peraltro, a dispetto della letteralità della norma, l’interpretazione anzidetta è anche quella più coerente a livello sistematico visto l’assetto normativo, nonché la cornice nella quale è inserito il comma e che è stata utilizzata per disciplinare la materia.
Infatti, il comma 831-bis, che introduce il nuovo canone unico patrimoniale “antenne” è nella stessa legge n. 160/2019 che all’articolo 1, commi 816 e 819, disciplina il nuovo CANONE UNICO PATRIMONIALE (che sostituisce COSAP e TOPSAP), il quale viene rappresentato come applicabile solo alle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti locali.
Ne deriva che l'applicazione imperitva del Canone Unico Patrimoniale (CUP) si esplichi solo verso quella categoria di beni "indisponibili". Dal CUP generico discendono alcune fattispecie particolari di canone unico, le quali presentano caratteristiche ulteriori e più peculiari, come quello previsto al comma 831-bis e inerente il Canone Unico Patrimoniale c.d. “antenne”.
Il comma 831-bis, nell’introdurre il “canone antenne”, si differenzia dal canone unico patrimoniale “base” per:
aver predefinito un valore preciso (800 euro, da aggiornarsi secondo gli indici ISTAT a far data dal 2019);
applicarsi alle sole concessioni di suolo pubblico per la localizzazione di stazioni radio per la telefonia mobile.
Da nessuna parte però si evince che, rispetto alla fattispecie CUP generale, vi sia una divergenza anche rispetto ai beni che soggiacciono alla loro applicazione imperativa, ossia quelli ricompresi nel patrimonio indisponibile.
Se il bene ricade nel patrimonio disponibile, la necessità di privilegiare l’interesse collettivo viene meno, e l’Ente è abilitato ad atteggiarsi verso i terzi Gestori alla stregua di un comune privato. In tale qualità l’Ente può trattare e definire liberamente il canone di locazione da applicarsi; offerte che il Gestore può accettare o rifiutare.
Cosa accade se il Gestore rifiuta?
Se il Gestore rifiuta di stipulare un contratto con un canone che non ritiene conveniente potrà ubicarsi altrove, anche alla scadenza del contratto, ed anche su terreni o fabbricati privati, salvo che sia stato redatto un regolamento antenne che pianifichi la dislocazione delle stazioni radio base, così da rendere obbligata la previa considerazione dei siti pubblici offerti in seno al regolamento.
Quando un bene può definirsi indisponibile?
Affinché un bene possa definirsi indisponibile ai fini dell'applicabilità dell'articolo 54 del nuovo Codice delle comunicazioni elettroniche, e quindi del Canone unico “antenne”, debbono ricorrere due requisiti:
REQUISITO OGGETTIVO: la destinazione ad un pubblico servizio ai sensi dell'art. 826 comma 3 c.c. deve essere effettiva ed attuale. È considerato irrilevante il nomen iuris utilizzato per il contratto.
REQUISITO SOGGETTIVO: la presenza di un atto amministrativo di destinazione ad uso pubblico, ossia in funzione servente ad uno degli scopi istituzionali dell’Ente Locale secondo il TUEL; non rientra nelle attribuzioni del Comune l’esercizio del servizio di telecomunicazioni, come vedremo appresso.
In assenza di questi presupposti, i rapporti di locazione non hanno natura concessoria, bensì contrattuale-privatistica, non traendo origine da un atto amministrativo di concessione, ma da un contratto di locazione di immobile ad uso non abitativo con canone liberamente pattuito.
Il servizio di telefonia mobile è un servizio pubblico?
La giurisprudenza ha peraltro chiarito come il servizio di telefonia, pur qualificato “attività di interesse generale”, ai sensi dall'art. 3 co. 2, D.lgs. n. 259 del 2003, non possa ritenersi equipollente ad un servizio pubblico in quanto, per il loro utilizzo, i consumatori pagano delle tariffe non calmierate, ma soggette all concorrenza di mercato, a società con scopo di lucro.
È POSSIBILE RECUPERARE I CREDITI?
Sì, è possibile. Per fortuna la legge ha previsto sistemi celeri di recupero credito a fronte dei quali il Gestore, appurata la sussistenza dei presupposti di “disponibilità” evidenziati sopra, viene condannato dal Giudice a versare i canoni di locazioni interamente come previsto dal contratto di riferimento sottoscritto dalle parti.
Non di rado è necessario lavorare insieme con il legale incarcato per dimostrare che il fondo o l’immobile gravato dall’installazione abbia perso (o non abbia mai avuto) una funzione servente rispetto a un servizio pubblico di competenza dell’Ente comunale; alle volte, infatti, può non bastare una semplice divisione catastale.
La nostra esperienza in materia, oltre a concorrere nella formazione di prassi e orientamenti giurisprudenziali, ci ha portato a consigliare gli Enti a non assecondare immediatamente la richiesta del Gestore, ma, una volta studiato il contesto, approntare la migliore strategia per far sì che non vi siano dubbi sulla sussistenza dei suddetti requisiti oggettivi e soggettivi necessari per includere o escludere un bene dal novero del patrimonio disponibile.
A tal fine, viene caldeggiata sempre la soluzione di dotarsi, anche in via preventiva e cautelare, di un apposito regolamento delle antenne che prediliga in anticipo soluzioni localizzative su patrimonio del Comune, segnatamente “disponibile”.
Avv. Gabriele De Luca
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