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Licenziamento per uso improprio di dati personali: la Corte d’Appello conferma la giusta causa

  • Immagine del redattore: Gabriele De Luca
    Gabriele De Luca
  • 3 giu
  • Tempo di lettura: 2 min

Quando la violazione della privacy giustifica il recesso immediato dal rapporto di lavoro


Una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano (n. 302 del 24 aprile 2025) conferma un importante principio in materia di privacy e diritto del lavoro: il trattamento illecito di dati personali da parte del dipendente, se finalizzato a scopi privati e non aziendali, può integrare giusta causa di licenziamento.


Il caso: curriculum, dati personali e contatto privato


Il fatto trae origine da un episodio avvenuto nel 2023, quando un dipendente con oltre trent’anni di servizio, addetto allo smistamento della posta interna aziendale, ha utilizzato il numero di cellulare contenuto nel curriculum vitae di una candidata – documento acquisito nell’ambito delle proprie mansioni – per contattarla via WhatsApp a fini personali.

Nonostante il lavoratore abbia ammesso l’accaduto e sostenuto l’assenza di reale danno o divulgazione a terzi, la società ha avviato una procedura disciplinare, culminata nel licenziamento per giusta causa, contestandogli:

  • la violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali (GDPR);

  • la lesione dell’immagine aziendale;

  • la violazione delle disposizioni interne e dei doveri di diligenza e correttezza.


La decisione della Corte: gravità, fiducia e proporzionalità


Confermata già in primo grado, la sentenza è stata ora ribadita dalla Corte d’Appello, la quale ha valorizzato tre elementi centrali:

  1. L’elemento soggettivo: il lavoratore era adeguatamente formato in materia di privacy e consapevole dell’illiceità della sua condotta.

  2. La specificità del ruolo: in quanto persona autorizzata al trattamento dei dati personali, avrebbe dovuto limitarsi alle finalità aziendali.

  3. La lesione del vincolo fiduciario: l’uso privato del dato personale ha comportato una grave violazione del rapporto di fiducia, con potenziale danno reputazionale per la società.

La Corte ha sottolineato che la valutazione della giusta causa non si limita a un automatismo basato sul contratto collettivo, ma richiede un’analisi complessiva del comportamento e del contesto. Inoltre, anche in assenza di una contestazione di recidiva, è legittimo per il giudice considerare i precedenti disciplinari del lavoratore per valutare la proporzionalità della sanzione.


Considerazioni operative per aziende e lavoratori


Questa pronuncia rafforza la linea giurisprudenziale secondo cui l’abuso di dati personali, soprattutto se realizzato da soggetti incaricati del loro trattamento, rappresenta un comportamento grave, tale da giustificare il recesso immediato.

Pertanto:

  • Le aziende devono formare adeguatamente il personale e adottare policy interne chiare e documentabili in materia di privacy.

  • I lavoratori devono agire con estrema cautela nel trattamento di dati sensibili, evitando qualsiasi utilizzo per finalità non aziendali, anche se apparentemente innocuo.


Riferimenti normativi


  • Art. 2119 c.c. – Licenziamento per giusta causa

  • Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)


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Avv. Gabriele De Luca

Studio legale in diritto del lavoro, impresa, PA e tutela della privacy

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