Corte d'Appello di Brescia conferma: canoni contrattuali validi per antenne su beni patrimoniali disponibili dei Comuni
- Gabriele De Luca
- 25 set
- Tempo di lettura: 4 min
Nel panorama sempre più complesso delle normative sulle infrastrutture di telecomunicazione, una recente sentenza della Corte d'Appello di Brescia del settembre 2025 offre importanti chiarimenti sul regime applicabile ai canoni per l'installazione di antenne di telefonia mobile su terreni comunali. Questa decisione, che conferma integralmente la sentenza di primo grado del Tribunale di Bergamo (2024), rafforza il principio secondo cui, per i beni appartenenti al patrimonio disponibile degli enti pubblici, prevale l'autonomia contrattuale e non le norme imperative previste per i beni demaniali o indisponibili.
In questo articolo, analizziamo i fatti del caso, i motivi della decisione e le implicazioni pratiche per gli operatori del settore, con un focus sulle strategie difensive che il nostro studio, Avv. Gabriele De Luca & Partners, adotta in contenziosi simili.
I fatti del caso
La controversia origina da un contratto di locazione stipulato il 6 dicembre 2012 tra un operatore di telecomunicazioni (l'appellante) e il Comune appellato. L'accordo concedeva all'operatore l'uso di un'area comunale per l'installazione di infrastrutture di rete mobile, in cambio di un canone annuo pattuito di circa 9.169,44 euro per l'anno 2021.
L'operatore, tuttavia, ha versato solo 516,46 euro, invocando l'applicazione della TOSAP/COSAP (ora sostituita dal Canone Unico Patrimoniale - CUP) ai sensi dell'art. 93 del D.lgs. 259/2003 (Codice delle Comunicazioni Elettroniche - CCE). Il Comune ha emesso un'ingiunzione di pagamento per la differenza (8.652,98 euro, più interessi e spese), che l'operatore ha opposto dinanzi al Tribunale di Bergamo.
In primo grado, il Tribunale ha rigettato l'opposizione, confermando la legittimità del canone contrattuale. L'operatore ha appellato, sostenendo:
La nullità (originaria o sopravvenuta) dell'art. 3 del contratto per violazione di norme imperative (artt. 93 CCE e 63 D.lgs. 446/1997), con sostituzione automatica del canone con il minimo TOSAP/COSAP.
L'appartenenza del bene al patrimonio indisponibile del Comune, data la destinazione a servizio pubblico di telecomunicazione.
I motivi della decisione della Corte d'Appello
La Corte d'Appello di Brescia, con sentenza depositata il 7 settembre 2025, ha rigettato integralmente l'appello, condannando l'appellante alle spese. I giudici hanno motivato la decisione su due pilastri principali:
1. Natura del bene: patrimonio disponibile, non indisponibile
La Corte ha richiamato la giurisprudenza consolidata della Cassazione (tra cui Cass. Sez. Un. n. 21991/2020 e n. 13664/2019), secondo cui un bene entra nel patrimonio indisponibile solo in presenza di un doppio requisito:
Soggettivo: Un atto amministrativo formale che esprima la specifica volontà dell'ente di destinare il bene a un servizio pubblico.
Oggettivo: L'effettiva e attuale destinazione del bene a tale servizio.
Nel caso di specie, la Corte ha escluso entrambi i requisiti:
Non vi è alcun atto deliberativo del Comune che destini espressamente l'area a un uso pubblico. Il titolo edilizio rilasciato per l'installazione non "conforma" il bene a servizio pubblico, né lo fa l'inserimento nel Piano di Governo del Territorio (destinato a "spazi attrezzati a parco per il gioco e lo sport").
Il semplice fatto che sull'area insista un impianto di telecomunicazione non basta: tale servizio non è attribuito al Comune e può essere esercitato anche su suolo privato.
La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante il registro del patrimonio comunale prodotto dal Comune, confermando che l'area fa parte del patrimonio disponibile, gestibile con strumenti di diritto privato (art. 1, comma 1-bis, L. 241/1990).
2. Inapplicabilità dell'art. 93 CCE ai beni disponibili
L'appellante invocava l'art. 93 CCE (ora art. 54), interpretato alla luce delle novelle del 2016 (D.lgs. 33/2016) e 2018 (D.L. 135/2018, conv. L. 12/2019), che vietano oneri finanziari oltre TOSAP/COSAP per gli operatori di reti elettroniche. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che:
L'art. 93 si applica solo a "aree pubbliche" (demanio o patrimonio indisponibile), come confermato dal riferimento a TOSAP/COSAP (applicabili ex art. 1, co. 819, L. 160/2019 solo a tali beni).
Le norme di interpretazione autentica (art. 12 co. 3 D.lgs. 33/2016 e art. 8-bis D.L. 135/2018) non estendono il divieto ai contratti su beni disponibili, dove prevale l'autonomia negoziale.
L'art. 831-bis L. 160/2019 (canone fisso di 800 euro per antenne) non modifica il presupposto applicativo e non ha efficacia retroattiva per canoni del 2021.
La decisione è conforme alla Direttiva UE 2002/21/CE (che non pregiudica il regime di proprietà nazionale) e all'art. 345 TFUE.
Implicazioni pratiche
Questa sentenza rafforza un orientamento giurisprudenziale favorevole ai Comuni, limitando l'applicazione di norme imperative ai soli beni pubblici e preservando la libertà contrattuale per quelli disponibili. Per i Comuni, ciò significa:
necessità di verifica preliminare: prima di stipulare contratti, è essenziale accertare la natura del bene (disponibile vs. indisponibile) per evitare contenziosi.
strategie negoziali: in casi di beni disponibili, il canone pattuito resta vincolante, salvo nullità per altre cause.
evoluzione normativa: la decisione esclude effetti retroattivi delle novelle post-2018, ma invita a monitorare future riforme sul CUP.
Presso Avv. Gabriele De Luca & Partners, assistiamo da anni enti pubblici in controversie su infrastrutture di rete, con un approccio integrato che combina expertise in diritto amministrativo, civile e UE. Contattateci per una consulenza personalizzata: potremmo aiutarvi a navigare queste complessità e ottimizzare i vostri accordi contrattuali.
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